Dopo l’8 settembre 1943, grazie anche al lavoro di accertamento condotto negli anni precedenti, l’EGELI a Torino giunse ben presto a istruire fi no a 500 pratiche. Oramai era in gioco la vita, e tutti gli ebrei minacciati di deportazione dovevano nascondersi o fuggire; a quel punto i funzionari non trovarono più alcun ostacolo e fu deciso, in particolare a Torino, di procedere subito al sequestro dei beni di proprietà dei perseguitati, e in particolare dei beni immobili, comprese naturalmente le case di abitazione. Per la confisca, e dunque per l’esproprio definitivo, l’iter era più lungo e si poteva aspettare. Oltre al fatto che da Roma era stata data l’indicazione di impadronirsi subito dei beni per poterli utilizzare o distribuire ai favoriti di turno. Le autorità si giustificavano dicendo che dovevano essere risarcite le vittime dei bombardamenti. Ma prevalsero gli appetiti tanto dei funzionari, quanto del sottile strato di italiani che offrivano, per lo più in modo interessato, i loro servigi alla repubblica di Mussolini.
SEQUESTRI E CONFISCHE
le Carte
le Carte
- Le leggi razziali e l’esproprio degli ebrei
- L’EGELI e la convenzione con l’Istituto bancario San Paolo
- La presenza ebraica in Piemonte e a Torino nel 1938
- Alcuni dati sulla presenza degli ebrei a Torino nel 1938
- Le attività dell’EGELI fino al 1943
- Sequestri e confische
- La gestione dei beni ebraici da parte del San Paolo
- La riconsegna dei beni ai legittimi proprietari