Nel 1938 gli ebrei erano in proporzione di uno a mille sul totale della popolazione italiana. Fra le comunità del Paese, Torino era al quarto posto per numero di ebrei (4.000 individui circa), dopo Roma, Milano e Trieste. Molto ridotte erano invece le altre comunità piemontesi, svuotatesi progressivamente nel corso del secondo Ottocento e del primo Novecento. Sotto la Mole molti erano i commercianti, gli insegnanti e in genere gli impiegati dello Stato, i professionisti. La composizione sociale era dunque medio-alta. La diffusa disponibilità di patrimoni immobiliari di piccola e media dimensione, più che il segno di una particolare influenza degli ebrei sulla vita economica della città, era il risultato del forte processo di integrazione compiutosi nei decenni successivi alla concessione da parte dei Savoia della parità dei diritti (emancipazione) nel 1848. Dunque anche a Torino la persecuzione fascista non aveva all’origine particolari ragioni economiche, ma era il frutto di una precisa scelta politica. Tanto che lo stesso EGELI dipendeva non già dal Ministero dell’Economia, come era invece per la persecuzione dei beni nella Germania di Hitler, ma da quello degli Interni.
LA PRESENZA EBRAICA IN PIEMONTE E A TORINO NEL 1938
le Carte
le Carte
- Le leggi razziali e l’esproprio degli ebrei
- L’EGELI e la convenzione con l’Istituto bancario San Paolo
- La presenza ebraica in Piemonte e a Torino nel 1938
- Alcuni dati sulla presenza degli ebrei a Torino nel 1938
- Le attività dell’EGELI fino al 1943
- Sequestri e confische
- La gestione dei beni ebraici da parte del San Paolo
- La riconsegna dei beni ai legittimi proprietari