Dopo la Liberazione, l’EGELI tese a comportarsi come se il possesso dei beni sotto il suo controllo fosse legittimo. D’altra parte le strutture del nuovo Stato democratico, spesso nella persona degli stessi funzionari in organico prima dell’aprile ’45, non si ritenevano responsabili di quanto quelle stesse strutture avevano fatto durante il fascismo. Fu così che agli ebrei sopravvissuti e desiderosi di rientrare in possesso dei loro beni si tentò di imporre una complessa procedura di restituzione. Come pure, i Crediti fondiari di tutta Italia che avevano operato per conto dell’EGELI giunsero addirittura a chiedere ai legittimi proprietari le spese per la gestione degli immobili durante il periodo dei sequestri. Netta fu tuttavia la reazione dei diretti interessati: essi respinsero quelle procedure e rifiutarono di pagare alcunché. Rientrarono così più rapidamente nella disponibilità piena dei beni che si erano nel frattempo conservati.
LA RICONSEGNA DEI BENI AI LEGITTIMI PROPRIETARI
le Carte
le Carte
- Le leggi razziali e l’esproprio degli ebrei
- L’EGELI e la convenzione con l’Istituto bancario San Paolo
- La presenza ebraica in Piemonte e a Torino nel 1938
- Alcuni dati sulla presenza degli ebrei a Torino nel 1938
- Le attività dell’EGELI fino al 1943
- Sequestri e confische
- La gestione dei beni ebraici da parte del San Paolo
- La riconsegna dei beni ai legittimi proprietari