1. La Huta, Hoch- und Tiefbau AG era una impresa tedesca di costruzioni che iniziò la sua attività all’inizio del ’900, soprattutto nel settore del cemento armato. Nel periodo del nazionalsocialismo la Dresdner Bank (la maggiore finanziatrice delle SS), era il suo principale azionista con una partecipazione azionaria del 26 per cento (Fonte: https://de.m.wikipedia.org/wiki/Huta_Hoch-_und_Tiefbau). Nella metà del 1942 l’impresa fu incaricata dalla Direzione centrale edile delle Waffen-SS di costruire, attraverso la sua filiale di Katowice, i crematori di Birkenau. Il 13 luglio 1942 la società presentò il primo preventivo di un crematorio che ammontava a 133.756,65 Reichsmark: fu subito dato dalle SS l’incarico di procedere speditamente alla costruzione. I quattro crematori di Birkenau, completi di camere a gas e di forni crematori, furono consegnati tra marzo e giugno 1943.
2. La ditta Topf & Söhne, impresa specializzata nella costruzione d’impianti per birrerie, silos per foraggi, macchinari vari e per la cremazione d’ogni sorta di cadaveri, iniziò nel 1940 a collaborare con la direzione delle SS per la fornitura di forni crematori ai Lager di Dachau, Buchenwald, Gusen e Auschwitz. Nel 1941 ricevette l’ordinazione del Crematorio II, per il campo di Birkenau: cinque enormi forni a tre camere ciascuno. Gli ingegneri della Topf & Söhne escogitarono un modello che avrebbe dovuto funzionare come una catena di montaggio: evitava cioè, con grande risparmio di tempo, le operazioni di carico e inserimento dei cadaveri uno alla volta e di svuotamento dei residui dalle camere di combustione, e risparmiava energia perché erano i cadaveri stessi a fornirla, durante la propria cremazione. Successivamente la ditta iniziò ad occuparsi anche degli impianti per le camere a gas e ad organizzare le forniture di acido cianidrico (Zyklon B). Perfezionò minuziosamente gli sfiati in modo da permettere un più frequente succedersi delle ondate di prigionieri stipati nelle camere della morte. I cinque forni crematori di Auschwitz I e di Birkenau raggiunsero la capacità di circa 4.500 cadaveri al giorno ed i tecnici della ditta fornitrice erano in permanente trasferta ad Auschwitz per seguirne il funzionamento.
3. Tra la fine di aprile e l’inizio di luglio 1944 furono deportati dall’Ungheria 437.402 ebrei (Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa, vol. I, Einaudi, Torino 2003, p. 864) di cui la quasi totalità giunse ad Auschwitz.
4. Tra coloro che fecero parte dei Sonderkommando ci fu Shlomo Venezia, figlio di una famiglia ebrea italiana di Salonicco. Ci ha lasciato la sua intensa testimonianza in: Sonderkommando Auschwitz, Rizzoli, Milano 2007.
5. Di fondamentale importanza è a questo proposito il monumentale lavoro di Danuta Czech, Kalendarium. Gli avvenimenti nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau 1939-1945, Mimesis, Milano 2006 (consultabile sul sito dell’ANED), che raccoglie, per lo più attraverso le fonti del museo di Auschwitz (citate APMO), tutto quanto accadeva nel campo, in una struttura cronologica giorno per giorno dal 1939 al 1945. Ne risulta una lettura essenziale non solo per gli studiosi ma anche per chi vuole entrare direttamente nella quotidianità del Lager. Il testo non è una narrazione ma inchioda il lettore alla spaventosa realtà di Birkenau proprio per la rigorosità delle fonti e l’asciuttezza con cui gli avvenimenti sono riportati, senza commenti ma terribilmente veri. Possiamo così verificare giorno per giorno l’arrivo dei trasporti, il numero dei prigionieri, quanti di essi furono inviati alle camere a gas e quali matricole furono assegnate. Oltre a questi dati sono riportati le fucilazioni, i tentativi di fuga, le partenze di trasporti per altri campi, le selezioni, i massacri come quelli degli Zingari dell’agosto 1944, la partenza per le “marce della morte” e infine lo smantellamento, l’abbandono e la liberazione del campo.
6. Per saperne di più si veda: “Rapporto su Auschwitz” in: Primo Levi, Leonardo De Benedetti, Così fu Auschwitz, Einaudi, Torino 2015.